Ninna Nanna Ninna Oh. La simbologia di una filastrocca innocente.
- Carla Babudri

- 20 ago
- Tempo di lettura: 5 min
Dopo Ambarabaciccicoccò, adesso è il turno della ninna nanna.
Amo molto scendere nella profondità delle parole, attraversare le cantilene come se fossero grotte antiche, e osservare quel lato oscuro che spesso ci parla più della luce. Ciò che appare semplice, infantile, talvolta custodisce una verità più intima, come se una parte di noi aspettasse da tempo di essere riconosciuta.
«Ninna nanna ninna oh, questo bimbo a chi lo do, lo darò alla Befana che lo tenga una settimana, lo darò all'uomo nero che lo tenga un anno intero, non è figlio di Gesù che lo tenga sempre giù».

Attraversando dialetti e memorie, ho incontrato molte varianti di questa ninna nanna, vi racconterò quella che, tra tutte, ho visto ricorrere più spesso.
Quanti di noi hanno sentito queste parole risuonare nella propria infanzia, recitate con dolcezza e ingenuità da madri, nonne o zie, ignare forse del carico simbolico inquietante celato dietro versi apparentemente innocui?
Questa ninna nanna, come molte altre antiche filastrocche, nasce da un contesto storico intriso di superstizione, paura e religiosità. Il riferimento alla Befana, personaggio folkloristico amato e temuto al tempo stesso, è in realtà l'eco di figure femminili ben più oscure: le streghe. Nell'immaginario collettivo medievale, la Befana incarnava l'archetipo della vecchia saggia, ma anche della strega eretica, che nelle campagne, con la sua presenza e i suoi poteri, attentava all'ordine stabilito da Dio e imposto dalla Chiesa.
La figura della Befana, infatti, venne progressivamente demonizzata dagli inquisitori, che nelle pratiche popolari e magiche vedevano una minaccia profonda all'ortodossia cristiana. Per questo, nella ninna nanna, il bambino, soprattutto se non battezzato, viene simbolicamente affidato alla strega per una settimana: un periodo breve, punitivo, tollerato a fatica, in cui il bambino resta nel peccato originale e, in quel frangente sospeso, è nelle mani della Befana.
Più oscura e decisamente inquietante è la figura dell'uomo nero, incarnazione del demonio stesso, vestito di nero con il volto coperto. Nella filastrocca, il tempo in cui il bambino, ancora privo del battesimo, resta sotto la sua custodia si estende a un anno intero, segno di una minaccia più profonda, concreta, alla salvezza eterna dell’anima, in questo caso il battesimo veniva talvolta rimandato a causa di malattie improvvise o di condizioni di fragilità, come nel caso di bambini nati con disabilità, e questo rendeva ancora più temuta l'attesa.
E’ nel terzo passaggio, la frase conclusiva «non è figlio di Gesù che lo tenga sempre giù» diventa un chiaro riferimento ai bambini morti prima di ricevere il battesimo, destinati secondo la credenza popolare al limbo o persino agli inferi.

Questa simbologia ci riporta direttamente alle credenze che proliferavano nel mondo contadino medievale, caratterizzato dalla paura dell'ignoto e dal controllo sociale esercitato dalla religione. Gli inquisitori, con il loro capillare e incessante lavoro di repressione, influenzarono profondamente l'immaginario collettivo, trasformando persino innocue filastrocche e ninne nanne in strumenti pedagogici per educare attraverso il timore e la minaccia implicita del soprannaturale.
Ma, cosa significa la parola "filastrocca", nasconde in sé un legame profondo con la magia e l’astrologia. Nella Novella XXIV di Matteo Bandello, il termine "filastroccole" indica proprio previsioni e divinazioni, inizialmente attribuite agli astrologi o, meglio, alle "strogole" che "strologavano", cioè prevedevano e tiravano a indovinare osservando gli astri. La parola stessa, per aferesi, deriverebbe proprio da "astrologare", sottolineando così come dietro il semplice gioco di parole si celasse una pratica profondamente radicata nella cultura popolare, tra superstizione e magia.
Il fascino di queste filastrocche risiede proprio nel loro carattere duale: rassicuranti e perturbanti al tempo stesso, costruite per insegnare e ammonire, capaci di instillare rispetto e timore reverenziale già nei più piccoli. Il sapere magico sedimentato nei loro versi rappresentava una prima forma di educazione, impartita oralmente, per preservare le tradizioni contadine e contemporaneamente mantenere il controllo sui comportamenti sociali.
Eppure, resta una domanda aperta, quando penso al periodo dell’inquisizione: come mai gli inquisitori erano tanto ossessionati dalla sessualità nelle loro accuse di stregoneria? Perché proprio il sesso era il centro di tanti processi e di così tante paure?
Ma questo è un tema che merita un approfondimento tutto suo, che vi racconterò in un prossimo articolo.
Nel frattempo, riflettendo su altre filastrocche e cantilene ascoltate nell'infanzia, vi siete mai accorti che alcune di esse nascondono significati poco rassicuranti o vi hanno mai convinto poco? Pensate a questo la prossima volta che reciterete con leggerezza parole antiche, che forse celano segreti molto più oscuri di quanto immaginate.
In devozione
Carla Babudri
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Ti chiedo gentilmente di informarmi cosi posso onorare il lavoro dell'artista.
Mi astengo da qualsiasi responsabilità per le immagini o foto in cui non viene menzionato l'artista, prelievo tutto da internet e qualora fosse indicato il nome dell'autore è mia premura nominarlo, SEMPRE!
Grazie Carla














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