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Immagine del redattoreCarla Babudri

La Dea dell'Ombra: la Tacita Muta

In questi giorni, su Netflix, una serie ha catturato la mia attenzione in modo profondo e intenso: Kaos. Non è solo un racconto ispirato alla mitologia occidentale, tanto cara e radicata in me, ma riesce a rievocare quei miti antichi dandogli un nuovo significato, collocandoli in un contesto contemporaneo e attuale. In questo affascinante universo, molti personaggi iconici del mito sono reinterpretati e adattati ai tempi moderni, sfidando le rappresentazioni classiche e trasformandosi in simboli di problematiche odierne.

Prendiamo ad esempio il personaggio di Glauco, il fratello gemello di Arianna, che nella serie assume il ruolo del Minotauro, un cambiamento che conferisce nuove sfumature al mito originale. In questo universo narrativo, la rilettura delle figure mitologiche si rivela audace e originale. Tuttavia, tra tutti questi protagonisti, è stata la figura di Tacita Muta a colpirmi e a emergere dentro di me.


La Tacita Muta
Ortensia


La Tacita Muta, o anche chiamata Dea Muta, era una divinità strettamente legata al silenzio e alla discrezione, è la dea degli inferi che personifica il silenzio.

Il mito di Tacita Muta è narrato da Ovidio nei Fasti. In origine, era conosciuta come Lara o Lala, una Naiade, figlia del fiume Almone, che si getta nel Tevere sotto Roma. Il suo nome, derivato dal greco λαλέω ("parlare, chiacchierare"), rifletteva la sua natura loquace.

A causa del suo eccessivo parlare, Lara fu punita da Giove. Dopo aver rivelato alla sorella Giuturna e a Giunone i suoi desideri amorosi verso Giuturna, il dio, infuriato, le fece tagliare la lingua e la affidò a Mercurio affinché la conducesse agli Inferi.


Durante il viaggio, però, Mercurio si innamorò di lei e la rese madre di due gemelli, i Lares Compitales, gli spiriti protettori delle strade di Roma. Da quel momento, Lara assunse il nome di Tacita Muta, diventando la dea del silenzio. Inoltre, come madre dei Lari, fu chiamata Acca, in riferimento alla lettera "h" muta, simbolo della sua condizione.

La sua muta è quindi molto più di un semplice silenzio: è il simbolo di un controllo profondo sugli impulsi umani e sul potere delle parole. Tacita incarna la capacità di preservare il mistero, di saper tacere quando le parole possono ferire o alterare la realtà.


Tacita rappresenta l'altra faccia della parola: il potere del non detto, del celato. La sua figura emerge con forza in una società romana in cui i rituali e le superstizioni avevano un ruolo fondamentale, e dove il silenzio assumeva connotati quasi magici, un'arma contro il male e le maledizioni.


Il culto di Tacita era intimamente connesso a rituali magici e apotropaici, volti a proteggere dalle maledizioni e dagli spiriti maligni. Nei Fasti, Ovidio descrive un rito specifico celebrato il 21 febbraio durante i Feralia, la festa dei morti. In questa occasione, il sacrificio simbolico di pesci e altri oggetti sacri aveva lo scopo di allontanare le malelingue e le forze negative. Tacita veniva invocata per "sigillare" le bocche di coloro che potevano danneggiare con la parola, prevedeva infatti la partecipazione delle donne romane, che sacrificavano la testa di pesce e masticavano fave nere come simbolo di purificazione. Questo rito, carico di potere simbolico, mirava a proteggere la casa e la famiglia dalle calunnie. In questa atmosfera di superstizione e sacralità, Tacita emergeva come protettrice capace di spezzare le lingue avvelenate e di garantire la pace.


Tacita rappresenta l’archetipo di un vuoto fecondo, dove il non detto si trasforma in una forza potente. Nel mondo simbolico e mistico, il silenzio è spesso associato a dimensioni occulte e sacre, uno spazio dove il linguaggio umano non può arrivare e dove solo il divino trova la sua espressione, in questo senso, diventa una porta verso l’inconoscibile, verso ciò che è nascosto. Il suo silenzio non è vuoto, ma denso di presenza.


Il messaggio che la sua figura porta con sé è un invito a esplorare il potere del non detto, a riconoscere che ci sono verità più profonde che emergono solo nel silenzio. È un archetipo che ci conduce oltre il rumore del mondo, dove la magia si manifesta senza bisogno di parole, lasciando che l’anima si immerga nel silenzio profondo e sacro.


Il silenzio di Tacita Muta è anche profondamente connesso al potere archetipico femminile. Nelle società antiche, la discrezione e la capacità di trattenere informazioni erano una forma di potere, soprattutto per le donne, che attraverso il silenzio potevano influenzare gli eventi. Tacita incarna quindi una forza sotterranea, un potere che non si esprime con la forza o la violenza, ma con la capacità di plasmare il mondo attraverso la propria presenza silenziosa.


Tacita Muta non è solo una dea dell' Ombra che ha perso la parola, ma una manifestazione del potere femminile nascosto, quel potere che agisce in modo invisibile e silente, proprio come la luna nel cielo notturno governa le maree senza far rumore, è il simbolo di un potere che non ha bisogno di essere espresso per essere reale e tangibile, un richiamo alla forza interiore che ogni donna possiede nel suo silenzio.


La Tacita Muta
Tacita Muta

La figura di Tacita Muta è strettamente legata a simbolismi profondi emergono potenti riferimenti magici e numerologici che affondano le radici in antiche credenze.

In particolare, il numero 3 e il numero 7 giocano un ruolo fondamentale. Il tre rappresenta la triade sacra, un simbolo di equilibrio e perfezione presente in numerose tradizioni mistiche, tra cui quella romana. Il sette, invece, è il numero della realizzazione spirituale e della connessione tra il mondo terreno e quello celeste, un ponte tra il materiale e l’immateriale. Questa numerologia sottolinea il carattere rituale e protettivo del culto di Tacita Muta, dea del non detto e del segreto.


Un altro simbolo evocativo è quello delle fave, strettamente connesse al mondo dei defunti. Le loro radici, lunghe e profonde, erano viste come un tramite tra il regno dei vivi e quello dei morti. Si credeva che le anime dei defunti abitassero nei loro baccelli, rendendo la fava un simbolo potente del legame tra il visibile e l’invisibile. Anche il rito del consumo delle fave durante la commemorazione dei defunti è un atto di connessione con l’aldilà, un richiamo alla presenza di ciò che è nascosto e silente.


Le mandorle, allo stesso modo, rappresentano la rinascita e la fecondità. Come il mandorlo è il primo albero a fiorire in primavera, simbolizzando il ritorno alla vita dopo l’inverno, così Tacita Muta, attraverso il suo silenzio, ci guida alla comprensione di un ciclo di morte e resurrezione, di ciò che è nascosto e torna alla luce. Le mandorle, con il loro guscio chiuso, delimitano il sacro dal profano, come le nicchie delle chiese medievali che contengono figure sacre, evocando la separazione tra i due mondi e il potere di Tacita di custodire ciò che è sacro.


Il rame è associato alla Tacita, porta con sé una simbologia terapeutica e alchemica, rappresenta la trasformazione, il passaggio dall’ombra alla luce, dal silenzio alla parola nascosta, carica di potere, non è solo la dea del mutismo, ma di un silenzio che cura, protegge e trasforma, dove si cela la connessione tra il mondo visibile e l’invisibile, tra la vita e la morte, tra il sacro e il profano.


Con infinito Amore

Carla Babudri

La Dea dell'Ombra: la Tacita Muta

  


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